A volte penso che alla fine si viaggia solo per vedere altre forme di vita quotidiana. Ad attirarci non sono tanto i monumenti straordinari – come il Taj Mahal o le Piramidi – quanto le storie ordinarie che li circondano e li inseriscono in un contesto.

Queste parole di Pico Iyer, giornalista e scrittore anglo-indiano, descrivono in modo perfetto quello che io intendo con il verbo "viaggiare".  Che è cosa molto più difficile di quanto si pensi. Per entrare nella cultura di un popolo non cè in effetti altro mezzo se non vivere la sua vita quotidiana, quella che resta fuori dagli alberghi, dai monumenti, dai negozi di souvenirs, dagli itinerari turistici.
Quella vita quotidiana che richiederebbe, per esser conosciuta, lunghi soggiorni in case in affitto gomito a gomito con gli autoctoni. Cosa non facile da vivere in Europa, pressoché impossibile fuori. Ho sempre invidiato i miei amici partiti in Erasmus e tornati con un accento diverso, una nuova luce negli occhi e una valanga di ricordi che non si possono dividere, non si possono spiegare.
Sento spesso dire, nei giochi a premi, "se vincessi farei un bel viaggio" "farei una bella crociera". Niente di tutto questo. Se diventassi milionaria, mi prenderei il vantaggio di poter vivere un anno a Parigi, un anno a Londra, un anno a Granada, un anno migrante nelle campagne irlandesi.
Perché la conoscenza viene dallesperienza, lesperienza dalla vita di ogni giorno. Studiare, leggere… certo che serve. Come serve girare il mondo accontentandosi delle pillole, dei bignami che scaturiscono dalle labbra di volenterose guide turistiche. E meglio che restare chiusi nel proprio guscio a contare le ore che ci separano dal niente. Ma vivere, anche per poco, una quotidianità diversa, è come guadagnarsi unaltra vita. Come rendersi la vita più larga, invece che più lunga.


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9 commenti

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9 risposte a “

  1. Non posso che essere d’accordo. Certi ricordi non si possono spiegare e, come dico in un mio recentissimo post, hanno un potere dirompente e per certi versi magico.
    Paolo

  2. Quanto hai ragione.
    E non sai quanto invidio anch’io i miei amici partiti in Erasmus… scoprire nuovi posti è una delle esperienze più belle che si possano fare nella vita.

  3. beh Chen ma tu sei ancora in tempo… o no?

  4. Per andare in Erasmus purtroppo no 😦

  5. “… le ore che ci separano dal niente” Neanche necessario il viaggio per riscontrare la complessità/semplicità del reale. La scissione fra la vita priva di pericoli della routine e la vita cambiando, affrontando il nuovo, con l’incertezza di ogni passo. vivere il diverso come mezzo di conoscenza; vivere il diverso come strumento che dona la vita; vivere apprendendo, piangendo, combattendo, ridendo, definendo i contorni di quell’essere che corre verso il niente.

  6. Piu che litri di caffe in damigiane preferiasco berne tanti al giorno ma poco alla volta..me lo godo di piu 🙂 Brava brava non fumare cmq…resisti a questo brutto male 😉

  7. argh!, se sono d’accordo!
    certo, il nocciolo è sempre lo stesso: devo decidermi a studiare per quei pochi esami rimasti, poi posso fare un po’ il cacchio che voglio. per esempio qualche mesetto intorno al mississippi me lo farei volentieri.
    e niente erasmus manco per me.

  8. intorno al mississipi? con la sirena o senza?

  9. Condivido tutto quello che dici. Ho fatto l’Erasmus ed è vero che si torna con la luce negli occhi e con esperienze difficili da condividere.

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